I nanocristalli che cambiano il comportamento dei magmi

Come si comporta un magma quando si avvicina all’eruzione? Fragile ed esplosivo o più fluido e scorrevole?
La risposta potrebbe essere racchiusa in strutture invisibili a occhio nudo: i nanocristalli.

Uno studio condotto dal professor Fabio Arzilli, docente della Sezione di Geologia della Scuola di Scienze e Tecnologie dell’Università di Camerino, ha rivelato che la nanocristallizzazione nei magmi basaltici può influenzare in modo decisivo il comportamento fisico del magma, determinando se un’eruzione sarà più o meno esplosiva.

La ricerca, sostenuta dal PRIN 2022 e realizzata in collaborazione con l’Università di Manchester, il CNR, l’Università di Bristol e il centro internazionale Diamond Light Source, introduce per la prima volta nel campo della vulcanologia una tecnica innovativa: la ptychografia a raggi X.
Questa tecnologia permette di osservare e ricostruire in 3D e in scala nanometrica (fino a 14 nm) la crescita e l’aggregazione dei nanocristalli all’interno del magma, offrendo una nuova prospettiva sulla loro influenza sulla reologia, ovvero il comportamento fisico e la viscosità del materiale magmatico.

Analizzando campioni naturali provenienti dal vulcano Masaya in Nicaragua, il team ha dimostrato che la presenza e la disposizione dei nanocristalli creano un’eterogeneità all’interno del magma in grado di modificarne la fluidità e il potenziale esplosivo.
Questi dati vengono oggi utilizzati per sviluppare modelli numerici più accurati, in grado di simulare la risalita del magma e prevederne lo stile eruttivo.

Lo studio, che coinvolge anche ricerche su vulcani italiani come Stromboli, Etna, Vesuvio e Campi Flegrei, rappresenta un importante passo avanti per comprendere meglio i processi che portano alle eruzioni e migliorare la previsione dei rischi vulcanici.