
Cellule buone salve, cellule cattive addio
Cosa succederebbe se esistesse una molecola capace di colpire solo le cellule tumorali, lasciando intatte quelle sane?
Un team di ricercatori dell’Università di Camerino, coordinato dal professor Carlo Polidori della Scuola di Scienze del Farmaco e dei Prodotti della Salute, ha lavorato proprio su questo: una nuova strategia mirata, basata su composti adenosinici che, in laboratorio, hanno già dato risultati sorprendenti. L’obiettivo? Trovare cure più efficaci e sicure per combattere uno dei tumori più comuni negli uomini: il tumore alla prostata.
Una molecola intelligente
Colpire il tumore senza danneggiare le cellule sane: è questa la sfida. E la ricerca condotta all’Università di Camerino, finanziata nell’ambito dei progetti FAR di Ateneo, ha centrato un primo, importante obiettivo. Il progetto nasce dalla collaborazione con l’Università di Foggia e altri partner scientifici. A lavorarci insieme ci sono chimici farmaceutici, farmacologi e patologi, unendo competenze diverse per affrontare il tumore da più angolazioni.
Al centro dello studio ci sono due molecole sperimentali in grado di legarsi selettivamente al recettore adenosinico A3, una proteina presente in alte concentrazioni nelle cellule tumorali prostatiche.
In laboratorio, queste molecole hanno dimostrato una doppia efficacia:
- bloccano la crescita delle cellule tumorali
- non danneggiano le cellule sane
In pratica, si comportano come un vero e proprio cecchino molecolare, capace di colpire solo il bersaglio malato.
Tre linee tumorali, un solo risultato
Per testarne l’efficacia, i ricercatori hanno utilizzato tre diverse linee cellulari tumorali prostatiche, selezionate per rappresentare la varietà biologica osservabile nei pazienti. In tutti i casi, le molecole hanno rallentato la proliferazione delle cellule tumorali e innescato la morte cellulare programmata (apoptosi).
Un risultato ancora più interessante è emerso nel meccanismo d’azione: queste molecole sembrano modulare l’espressione di alcuni geni coinvolti nella resistenza ai farmaci, uno dei principali ostacoli nelle terapie oncologiche. Questo significa che potrebbero essere efficaci anche nei tumori più difficili da trattare.
Una ricerca sicura e promettente
Lo studio ha previsto anche test su cellule prostatiche sane, che non hanno mostrato alcun effetto tossico. Un aspetto essenziale per lo sviluppo di terapie più selettive, meno invasive e con minori effetti collaterali.
Le cellule tumorali sono state fornite dal professor Matteo Landriscina dell’Università di Foggia, che ha supportato la fase di validazione preclinica.
E ora, verso i test in vivo
Il prossimo obiettivo è passare dagli esperimenti in vitro ai test in vivo, per confermare l’efficacia delle molecole in condizioni più vicine a quelle reali. Nel frattempo, il team sta già lavorando per ottimizzare le molecole, migliorandone stabilità, potenza e precisione.
Una ricerca che, se confermata, potrebbe aprire la strada a una nuova generazione di farmaci antitumorali, capaci di agire con precisione chirurgica sulle cellule malate, rispettando il resto dell’organismo.