Come è nato lo spin dell’elettrone: George Uhlenbeck, Samuel Goudsmit e l’estate che ha portato alla sua teorizzazione

“Questa è la storia di come uno studente indeciso se intraprendere una carriera in fisica o in storia e un altro che non aveva sostenuto l’esame di meccanica sono giunti a identificare il quarto numero quanto atomico con una rotazione dell’elettrone.” [1] 

La storia dello spin è, come di tutte le scoperte scientifiche, molto complessa ed è stata raccontata da diversi autori [2,3,4]. È, come scrive [1] George Uhlenbeck, una storia composta da molte linee di pensiero che erano sì concentrate in un periodo molto breve (dal 1923 circa al 1928) ma che richiese almeno vent’anni di preparazione concettuale. Il compimento di queste idee fu l’articolo [5] sulla rivista Nature del 1926, anticipato da una nota scritta in tedesco nel novembre del ’25, firmato da George Uhlenbeck e Samuel Goudsmit.  

Il 6 dicembre del 1900, da una famiglia con una ricca tradizione militare, nacque a Batavia (oggi Jakarta) George Eugene Uhlenbeck. Trasferitosi da bambino in Olanda, si appassionò alla fisica durante le scuole superiori grazie al suo insegnante, che gli forniva manuali per lo studio del calcolo differenziale e integrale. Diplomatosi nel luglio del 1918, non poté entrare in un’università olandese perché la scuola da dove proveniva non aveva nel piano di studi il greco e il latino, prerequisito fondamentale per l’accesso a qualsiasi facoltà. Grazie a una legge del governo olandese, che esonerava gli studenti di discipline scientifiche da quel prerequisito, riuscì a iscriversi nel gennaio del 1919 all’Università di Leida dove iniziò a studiare fisica e matematica. 

Ogni studente iscritto doveva seguire un corso di laboratorio, con annesso obbligo di consegna di un report. Le relazioni di Uhlenbeck sembravano avere una forte componente teorica. Disse [6]: 

“Prima di fare l’esame si doveva effettuare un numero prestabilito di esperimenti. Questi erano estremamente interessanti perché contenevano un mucchio di formule.” 

Ricordò anche [7]: “Anche per i più semplici esperimenti elettromagnetici partivo dalle equazioni di Maxwell”. 

Dopo essersi laureato, iniziò a seguire i corsi di Paul Ehrenfest e di Hendrik Lorentz e a partecipare al celebre colloquio del mercoledì sera di Ehrenfest, al quale si poteva assistere solo su invito ma, una volta ammessi, c’era l’obbligo di presenza. Sembra che Ehrenfest facesse persino l’appello. Tralasciando il folklore, Ehrenfest fu il mentore e la figura scientifica di riferimento di Uhlenbeck tanto che, ovunque ebbe il ruolo di professore, una piccola fotografia di un Ehrenfest sorridente era appoggiata sulla sua scrivania. 

Durante uno dei corsi, Ehrenfest chiese chi fosse interessato a una posizione di insegnamento a Roma, così Uhlenebeck si ritrovò a fare da tutore al figlio dell’ambasciatore olandese in Italia dal 1922 al 1925. In quel periodo prese lezioni di italiano e a frequentare i corsi di matematica di di Federigo Enriques, Tullio Levi-Civita e di Vito Volterra e a entrare in contatto con l’ambiente dei fisici romani, dove conobbe Enrico Fermi. Nacque così una profonda e sincera amicizia. Grazie alle insistenze di Uhlenbeck, Fermi si recò a Leida per un tre mesi nel 1924, dove ebbe i primi contatti con Ehrenfest, figura chiave per lo sviluppo personale ed emotivo dopo il suo brutto periodo passato a Göttingen. Un dettaglio interessante della loro amicizia riguarda il fatto che sia stato Uhlenbeck a far conoscere a Fermi, nato e cresciuto a Roma, il Mosè di Michelangelo, custodito nella chiesa di San Pietro in Vincoli. 

Infatti, fu a Roma che Uhlenbeck iniziò a mettere da parte il suo interesse per la ricerca scientifica e si avvicinò agli studi storici. Il primo articolo che pubblicò trattava dell’olandese Johannes Heckius, uno dei quattro cofondatori dell’Accademia dei Lincei nel 1603. Per oltre un anno non si occupò di fisica. L'unica cosa che lo faceva desistere nel diventare uno storico di professione era lo scoglio del latino e del greco. 

Con questo dubbio, e con questo spirito, lasciò Roma nel 1925 e tornò in Olanda, dove ebbe un colloquio con un suo zio, il noto glottologo, esperto di lingue degli Indiani d’America e professore a Leida, Christianus Uhlenbeck che gli disse che il suo intento era lodevole, che aveva però bisogno di imparare il greco e il latino ma che gli consigliava di prendere comunque il dottorato in fisica perché “suona, come dire, più pratico” [6]. Anche Ehrenfest supportò la sua nuova scelta, ma gli consigliò di aggiornarsi su ciò che stava accadendo nel mondo della fisica e gli propose di studiare con Samuel- detto Sem- Goudsmit gli sviluppi della Spektralzoologie (il nome con Pauli era solito chiamare lo studio degli spettri atomici). 

Iniziò così l’eccezionale estate del 1925, rinominata “estate Goudsmit”. Fu, come scrisse Pais [7], l’estate di due giovani olandesi, uno con una laurea magistrale e l’altro ancora studente di dottorato, hanno fatto una scoperta importantissima nella fisica atomica teorica”. Uhlenbeck scrisse su Goudsmit [1]: 

“È vero che Sam non era uno studente molto coscienzioso e che spesso aveva difficoltà a superare gli esami richiesti nelle materie che non lo interessavano. D’altro canto, era un lavoratore molto indipendente. Già nel suo primo anno (1921) propose una formula per lo sdoppiamento dei doppietti negli spettri atomici e negli anni successivi scrisse numerosi articoli sugli spettri complessi. Nel 1925 era già uno spettroscopista teorica molto conosciuto: era il teorico nel laboratorio di Zeeman di Amsterdam. Inoltre, essendo della scuola di Ehrenfest, era anche un ottimo insegnante!” 

In quelle lezioni private vennero trattate diversi argomenti, tra cui la teoria di Landé per la spiegazione dell’effetto Zeeman anomalo e la proposta di Pauli di attribuire quattro numeri quantici a ciascun elettrone. È in questo contesto che venne alla luce il concetto di spin  [1]:  

“Proprio allora compresi che, poiché ogni numero quantico (come mi era stato insegnato) corrisponde a un grado di libertà dell’elettrone, il quarto numero quantico di Pauli doveva significare che l’elettrone possedeva un gradi di libertà ulteriore; in altre parole, l’elettrone doveva ruotare!” 

La nota che riporta la scoperta è datata 17 ottobre 1925. Qualche giorno prima Ehrenfest chiese a Lorentz “un giudizio riguardo un’idea molto brillante di Uhlenbeck riguardo agli spettri”. Qualche giorno prima Ehrenfest chiese a Lorentz “un giudizio riguardo un’idea molto brillante di Uhlenbeck riguardo agli spettri”. Lorentz, che in Olanda era un’autorità assoluta, fece dei calcoli e risultò una sconcertante difficoltà sull’energia magnetica dell’elettrone. I due fisici erano ormai sconsolati e dissero a Ehrenfest che non avrebbero pubblicato la nota perché era priva di senso, ma egli rispose: 

“Siete entrambi giovani, potete concedervi una stupidaggine”. [6] 

Il 20 novembre 1925 Uhlenbeck e Goudsmit scrissero una lettera rivolta al direttore della rivista Naturwissenschaften dove proposero l’idea che ogni elettrone ruotava con un momento angolare, pari alla metà della costante di Planck ridotta, e che trasportassero un momento magnetico uguale al Magnetone di Bohr. 

Nel lavoro di Uhlenbeck e Goudsmit si arrivò a dimostrare che lo spin poteva avere solo due orientazioni: parallela o antiparallela; l’articolo si concludeva con la congettura che queste due possibili orientazioni fossero in grado di spiegare la struttura degli atomi dell’idrogeno. Bisognava però scontrarsi con due problemi. Il primo era che lo spin può interagire con un campo magnetico, determinando un’ulteriore precessione delle orbite elettroniche, ma se c’è solo la presenza di un campo elettrostatico (come si credeva per gli atomi liberi) lo spin non interagisce con nulla. Questo fu il ragionamento che portò inizialmente Bohr a dubitare dell’idea di spin. In più sembravano che ci fossero discrepanze tra la teoria dell’atomo di idrogeno e i dati sperimentali ottenuti, in particolare la presenza di un fattore due sulla velocità di precessione (dovuta allo spin) dell’orbita dell’idrogeno. 

Questi problemi erano ancora aperti quando Bohr intraprese un viaggio, nel 1925, per recarsi a Leida per festeggiare Lorentz. Il treno in cui viaggiava si fermò per una sosta ad Amburgo; alla stazione c’erano Wolfgang Pauli e Otto Stern che stavano aspettando Bohr, lo intercettarono e gli chiesero cosa ne pensasse di questa idea dello spin. Sembra che la sua risposta fosse “molto, molto interessante” (e inoltre sembra che si riferisse con questi termini per descrivere un’idea che era certamente sbagliata) ma che non riusciva a capire come un elettrone che si muoveva nel campo elettronico del nucleo potesse essere sottoposto al campo magnetico necessario per dar luogo allo splitting (o divisione) delle linee spettrali di un atomo. 

Bohr riprese il suo viaggio e arrivò a Leida dove ad aspettarlo c’erano Paul Ehrenfest e Albert Einstein che avevano da porre una sola domanda: “Cosa ne pensi dello spin?”. Bohr rispose che era una cosa molto interessante ma che c’erano dei problemi sul campo magnetico. Ma Ehrenfest rispose che Einstein aveva risolto questo inconveniente: un elettrone nel suo sistema di riferimento di quiete vede un campo elettrico rotante e, per i fondamenti della Relatività, vede anche un campo magnetico. Bohr rimase immediatamente convinto. 

Dopo il soggiorno a Leida, si recò a Gottinga. Alla stazione ad attenderlo c’erano Heisenberg e Pascual Jordan; non c’è bisogno di dire perché fossero lì. Ripreso il viaggio per Copenaghen, il treno si fermò a Berlino. Alla stazione c’era ancora Pauli, che aveva viaggiato da Amburgo a Berlino solo per chiedere a Bohr che cosa ne pensasse dello spin e se ci fossero novità. Bohr, entusiasta, spiegò che era un grande successo e che si stavano compiendo grandi passi in avanti. La reazione di Pauli fu un tantino più critica: 

“Eine neue Kopenhagener Irrlehre!” (Una nuova eresia di Copenaghen!) [6] 

 

 

Note: 

[1] G. E. Uhlenbeck, Fifty Years of Spin: Personal Reminiscences Phys. Today 29(6), 43 (1976). 

[2] R. G. Milner, A Short History of Spin arXiv:1311.5016v1 (2013). 

[3] A. Martin, History of Spin and Statistics arXiv:hep-ph/0209068v1 (2002) 

[4] E. D. Commins, Electron Spin and Its History Annual Review of Nuclear and Particle Science Vol. 62:133-157 (2012). 

[5] G. E. Uhlenbeck, S. Goudsmit Spinning Electrons and the Structure of Spectra Nature 117, 264–265 (1926);  

[6] A. Pais, Ritratti di scienziati geniali: i fisici dl xx secolo. Bollati Boringhieri (2012) 

[7] A. Pais, George Uhlenbeck and the Discovery of Electron Spin Physics today (1989) 

 

George Uhlenbeck