
Vitamina D da scarti alimentari
Estrarre e recuperare la vitamina D3 da scarti di lavorazione dei prodotti della pesca è l’obiettivo del progetto di ricerca coordinato dal prof. Gianni Sagratini della Scuola di Scienze del Farmaco e dei Prodotti della Salute. La vitamina D infatti, fondamentale per alcuni processi biologici, è anche l’elemento più carente della dieta umana.
Vitamina D3 dagli scarti ittici: il progetto di ricerca di UNICAM
L'Università di Camerino è capofila di un ambizioso progetto di ricerca "VITA D WASTE" che punta a estrarre e recuperare la vitamina D3 dagli scarti della lavorazione dei prodotti della pesca. Finanziato dal Ministero dell'Università e della Ricerca nell'ambito del programma PRIN, il progetto vede la collaborazione di:
- Università del Piemonte Orientale
- Università di Bologna
- CNR IRBIM
- ENEA
- CREA
Perché la vitamina D3?
Fondamentale per l'assorbimento di calcio e fosforo, la vitamina D3 svolge un ruolo chiave nella salute delle ossa. Tuttavia, circa il 40% della popolazione europea ne è carente. Sebbene venga prodotta dal nostro organismo tramite l'esposizione al sole, la sua presenza negli alimenti è limitata, rendendo necessaria l'integrazione.
Dagli scarti alla risorsa: il processo innovativo
Il progetto mira a trasformare gli scarti ittici—che possono rappresentare fino all'80% del prodotto lavorato—in una fonte preziosa di vitamina D3, riducendo l'impatto ambientale e creando valore aggiunto per il settore alimentare.
Tra le tecniche utilizzate per l'estrazione:
- CO₂ in fase supercritica, per ottenere estratti altamente purificati
- Ultrasound Assisted Extraction, testata da UNICAM per valutare l'efficacia dell'estratto
- HPLC, per quantificare la vitamina D3 e verificarne la purezza
Un valore aggiunto per la salute e l’ambiente
Il progetto è in corso e prevede che, una volta estratta e analizzata, la vitamina D3 venga microincapsulata dall’Università del Piemonte Orientale per trasformarla in un integratore alimentare, che sarà successivamente testato dall’Università di Bologna.
Se i risultati saranno positivi, il progetto dimostrerà come uno scarto possa diventare una risorsa essenziale per la salute umana, riducendo gli sprechi e promuovendo un'economia circolare sostenibile.