Lev Landau. Attenzione, morde!

“Sono un poeta. È questo che mi rende interessante” scriveva Vladimir Majakovskij in una autobiografia nel 1928. Lev landau è stato, invece, un fisico teorico eccezionale, insolito, spesso critico e pungente. Il genio, unito a una forte personalità, dona come risultato finale un personaggio altrettanto affascinante, “un fisico unico nel suo genere” come lo descrive Vitalij Ginzburg[1]. Margrethe Nørlund, moglie di Niels Bohr, nel ricordare il periodo trascorso da Landau a Copenaghen disse: “Niels lo ammirò e gli si affezionò fin dal primo giorno e ne comprese la natura. Lui era, che dire, insopportabile, interrompeva Niels, rideva in faccia ai colleghi più anziani, era come un monello scapestrato- come si dice, un enfant terrible. Ma quanto talento aveva, e quanto era onesto!” [2]

Non si finirebbe mai di raccontare e ricordare Lev Landau. Fare un resoconto della sua attività scientifica (che, a titolo di esempio, include la meccanica quantistica, la teoria quantistica dei campi, la meccanica statistica e la fisica dello stato solido) risulta pressoché impossibile. Amici e colleghi si cimentarono in questa ambiziosa impresa, che si concretizzò in un regalo particolarmente originale, donato a Landau il giorno del suo cinquantesimo compleanno. In quella occasione Isaak Kikoin si presentò con due tavolette di marmo dove erano incisi i “Dieci Comandamenti” di Landau, le dieci più importanti formule da lui derivate. Segnaliamone alcune:

La matrice densità, un concetto fondamentale in vari campi della fisica, in particolare nella meccanica quantistica e nelle sue applicazioni, fu introdotta da Landau nel 1927 nel lavoro The Damping Problem in Wave Mechanics (e in maniera indipendente, oltre che con maggiore rigore matematico, da John von Neumann nello stesso anno).

 Lo sviluppo della teoria quantistica del diamagnetismo di un gas di elettroni. I livelli quantistici corrispondenti al moto di un elettrone in un campo magnetico sono ora chiamati livelli di Landau.

Quello che Fabio Toscano chiama “il lavoro di un’intera carriera”: la teoria della superfluidità dell’elio II.

Nel 1956 in The Theory of a Fermi Liquid sviluppò fenomenologicamente l’idea di eccitazioni di quasiparticelle nel contesto di sistemi di Fermi interagenti (sistemi, cioè, composti da particelle con spin semintero, chiamati fermioni).

Una buona descrizione della personalità e del multiforme talento di Landau può essere trovata nel paragone che il chimico tedesco Wilhelm Ostwald proponeva per dividere gli uomini di scienza[3]. Ostwald diceva che esistevano i classicisti e i romantici; i primi conoscono molto bene il proprio campo scientifico e spesso dedicano la loro intera vita a elaborare una teoria o a risolvere un problema. I romantici, invece, hanno una conoscenza enciclopedica in vari campi, spesso molto diversi tra loro e mostrano un vivo interesse per vari problemi nelle varie discipline. E, come conclude Frantisek Janouch, Landau era senza dubbio un romantico. D’altro canto, nei primi anni Trenta fu lo stesso Landau a dire: “Sono uno dei pochi fisici universali”. Questa espressione dopo la morte di Enrico Fermi fu sostituita con: “Sono l’ultimo dei fisici universali.”[4]

Durante un incontro avvenuto nel 1961 dal titolo “L’accademico Lev Landau è con noi”, il fisico sovietico, rispondendo ad alcune domande degli studenti dell’istituto di Fisica e di Tecnologia di Mosca, raccontò di sé e dei suoi anni da giovane universitario:

“Sono nato a Baku e non ero un bambino prodigio. Mi piaceva la matematica. Tutti i fisici teorici arrivano alla scienza attraverso la matematica, e io non ho fatto eccezioni. Sapevo come derivare quando avevo dieci anni, e come integrare quando ne avevo tredici. Poi sono entrato all’Università di Baku e ho studiato in due dipartimenti: fisica e matematica, e chimica. Poco dopo l’Università divenne un collegio per la formazione degli insegnanti e mi trasferii nel 1924 a Leningrado. Qui dovetti scegliere; optai per la fisica e non me ne sono mai pentito. Andavo all’Università due volte a settimana, così da incontrare i miei amici e vedere come fosse la situazione lì. Ma ho fatto molto di testa mia. Mi sono laureato due giorni prima del mio diciannovesimo compleanno. Ho pubblicato il mio primo articolo sei mesi prima, nel 1926. Sono stato il primo studente di dottorato presso l’Istituto Fisico-Tecnico di Leningrado. In seguito, sono andato all’estero per diciotto mesi, soggiornando in Germania, Danimarca e Inghilterra. Sono stato tre volte in Danimarca. Qui ho incontrato tutti i più grandi fisici. L’unico che non ho mai incontrato, e che non potrò più incontrare, è stato Fermi. Nessuno di loro mostrava un’ombra di presunzione, pretenziosità o arroganza. Conoscevo molto bene Pauli e Heisenberg. Considero come mio unico insegnante e maestro Niels Bohr. È stato lui ad insegnarmi il significato del principio di indeterminazione. Chi considero il più grande teorico dell’Occidente? Einstein è stato il più grande di tutti i tempi. All’inizio del 1931 tornai in Russia e inizia a lavorare all’istituto di Fisica di Leningrado. Mi sono poi trasferito a Kharkiv, dove sono rimasto per circa cinque anni. Dal 1937 lavoro all’istituto dei problemi fisici.” [5]

A proposito della stima per i colleghi che aveva conosciuto, sulla base dei loro meriti scientifici, Landau ideò una personalissima classifica basata su una scala logaritmica da uno a cinque: così l’opera di un fisico di classe 1 era da considerare dieci volte superiore rispetto a quello di un fisico nella classe 2. La classe 1 comprendeva gente del calibro di Bohr, Heisenberg, Schrödinger e Fermi. Una speciale classe, quella ½, era stata riservata ad Albert Einstein. Nell’ultima classe venivano inseriti quelli che Landau chiamava “casi patologici”. Per un lungo periodo Landau si posizionò nella classe 2½, promuovendosi solo più tardi nella classe 2.

Fuori da ogni classifica invece erano presenti quelli che credevano di rivoluzionare la scienza senza avere né conoscenze né capacità. Landau rispondeva alle loro lettere senza mostrare nessun tipo di simpatia e non si tirava indietro nel manifestare il suo dissenso. Alcuni esempi[4]:

“Devo dire che il tuo manoscritto manca di qualsiasi tipo di interesse. La fisica moderna è una scienza eccezionale, che si basa principalmente su un grande numero di fatti sperimentali. Tu sei palesemente quasi del tutto estraneo a questa scienza e cerchi di spiegare fenomeni fisici, di cui sai poco, con frasi senza senso. Se sei veramente interessato alla fisica non dovresti impegnarti nel fare scoperte, ma pensare prima ad imparare almeno un po’ di cose sull’argomento.”

E ancora:

“Gli argomenti da te proposti sono completamente assurdi. Sarebbe persino difficile spiegare dove si trovano gli errori nella lettera che hai scritto. Per amor del cielo, prima di iniziare a parlare dell’universo, acquisisci almeno la più elementare capacità di leggere un libro di fisica. Quello che stai facendo ora è solo di metterti in una situazione ridicola.”

Quando qualcuno si iscrive alla facoltà di fisica generalmente passa un tempo sufficientemente breve prima che si imbatta nel Corso di Fisica Teorica di Landau e Lifshitz. Questi dieci volumi, scritti in collaborazione con i suoi studenti Lev Pitaevskii e Vladimir Berestecki, sono di inesauribile bellezza e trattano argomenti che spaziano dalla fisica classica, alla teoria dei campi e alla meccanica quantistica, per poi finire con la teoria dell’elasticità (settimo volume) e la fisica cinetica (decimo volume). Le fondamenta per la realizzazione di questa opera furono gettate già dal 1932 quando Landau arrivò a Kharkiv per dirigere la sezione teorica dell’Istituto di Fisica Tecnica dell’Ucraina. Una targa affissa alla porta del suo ufficio, recitava la frase: “Lev Landau. Attenzione, morde!”. Qui iniziò anche la sua attività da insegnante e la creazione della sua Scuola basata su un test di ingresso, articolato in diverse prove, che è passato alla storia con il nome di “minimo teorico”. Questo programma, accuratissimo, comprendeva nozioni fondamentali per chiunque volesse dedicarsi alla ricerca professionale, indistintamente che si trattassero di fisici teorici o sperimentali e indipendentemente dalla futura specializzazione: lo considerava il bagaglio scientifico fondamentale di ogni fisico. Landau attribuiva grande importanza al fatto che i fisici avessero padronanza dell’apparato matematico e per questo motivo la prima prova a cui sottoponeva chiunque volesse studiare con lui era la prova di matematica. Si richiedeva di saper calcolare un qualsiasi integrale indefinito (che aveva per integrando una funzione elementare), di risolvere un’equazione differenziale e di conoscere l’analisi vettoriale, l’algebra lineare e i fondamenti dell’analisi di variabile complessa (in particolare la teoria dei residui e le trasformate di Laplace). Per le nozioni più avanzate, come può essere l’analisi tensoriale o la teoria dei gruppi, si supponeva che venissero trattati negli ambiti della fisica in cui esse venivano applicate. Chi superava questa prima prova poteva passare alla successiva, ovvero dare gli esami nei sette campi del minimo teorico che includevano le nozioni fondamentali di tutti i campi della fisica. Dal 1934 al 1961 soltanto 43 persone superarono questa estenuante prova. Boris Ioffe fu uno di quelli: impiegò due anni e ha raccontato come si svolgeva l’esame:

“Uno studente chiamava Landau e diceva di voler sostenere l’esame per un certo corso (l’ordine degli esami per i corsi era più o meno arbitrario). Quando era giunta l’ora, si dovevano lasciare i libri, gli appunti e qualsiasi altra cose nel corridoio. Landau chiamava in una piccola stanza dove c‘era un grande tavolo rotondo con diversi fogli bianchi, una sedia e nient’altro. Formulava il problema e se ne andava, ma ogni 10-15 veniva a controllare. Quando rimaneva in silenzio era un buon segno, quando mugugnava era un cattivo presagio. La cosa importante non era solo il contenuto del minimo teorico e la scelta dei problemi d’esame. Era importante il ruolo dell’esaminatore. Landau, probabilmente, durante l’esame era in grado di vedere chi era veramente talentuoso e chi no. Essere uno studente di Landau non era un titolo che donava privilegi, solo doveri, poiché chiunque poteva avere discussioni scientifiche con Landau e ricevere i suoi consigli. Solo pochi di coloro che hanno superato il minimo sono diventati suoi studenti di dottorato. Il diritto, e allo stesso tempo la responsabilità, di uno studente di Landau era quello della completa partecipazione ai seminari. (…)

Per Landau la creazione di una Scuola e l’organizzazione dei seminari aveva un unico scopo: mantenere elevato il lato scientifico. Ciò che era importante per lui non era la Scuola, né avere un gran numero di studenti che lo veneravano come un maestro, ma far sì che loro fossero sempre aggiornati e all’avanguardia nei diversi settori.”[6]

Una caratteristica di Landau è che leggeva pochi articoli o libri scientifici e approfittava di questi seminari per rimanere aggiornato sulle ultime novità. Certo, non risultava un facile esercizio esporre un lavoro a Landau perché l’oratore non solo doveva riassumere l’articolo, ovvero presentare l’idea di base e i risultati principali, ma anche capire chiaramente come questi erano stati ottenuti, ricavare le formule e, se necessario, spiegare le tecniche sperimentali usate. Ma, soprattutto, l’oratore doveva avere una propria opinione sulla correttezza di un determinato lavoro. E questo valeva per i lavori nei più diversi campi della fisica. Capitò, una volta, che Veniamin Levich saltò il suo turno di presentazione e Landau si arrabbiò moltissimo. La volta dopo, Levich si avvicinò a Landau e, prima che quest’ultimo potesse dire qualcosa, gli porse un foglio di carta. Landau lo lesse e scoppiò in una fragorosa risata. Era un certificato, firmato e sigillato, che attestava la morte di Levich. Fu perdonato immediatamente.[7]

Una testimonianza del rapporto tra Landau e i suoi studenti è riportata anche da Aleksei Abrikosov (premio Nobel per la fisica nel 2003):

“Quando io e Lev Gor'kov ideammo la tecnica a croce- modello teorico utilizzato nella fisica della materia condensata per studiare gli effetti delle impurità sui superconduttori- speravo che toccasse a Gor’kov sottoporre l’idea al giudizio di Landau. Volevo evitare le interminabili ramanzine, lo sbattere dei piedi e altre conseguenze tipiche di quando si sottoponeva una nuova, e sconosciuta, idea a Landau.  Ahimè, Gar’kov era andato da qualche parte e toccò a me presentare il lavoro. Il tutto durò circa un mese con uno scandito programma giornaliero: Landau arrivava al mattino, io iniziavo a parlare, lui si agitava rapidamente e alla fine urlava «Basta! Se continui con queste sciocchezze non discuterò mai più di scienza con te!» e se ne andava sbattendo la porta. Il mattino seguente, come se niente fosse accaduto, entrava in ufficio e diceva: «Dove eravamo rimasti?» e il copione si ripeteva uguale al giorno precedente. Il risultato finale di tutte queste discussioni era: «Certo, c’è un modo più semplice, ma al momento non mi viene in mente, quindi va bene: procedi e pubblica».

Secondo molti, Landau non si preoccupava molto per i suoi allievi; non forniva loro argomenti di ricerca e si rifiutava di individuare i loro errori: «Questo è il tuo lavoro, non il mio, quindi cercali da solo», oppure «I tuoi sforzi senza senso sono solo materiale per la tua biografia». Il punto, fondamentale, è che Landau rendeva obbligatorio superare la barriera dell’indipendenza.”[8]

Ci si potrebbe interrogare e provare a fare un parallelismo tra la Scuola creata da Landau e quella di Bohr (ricordiamo che Landau considerò Bohr come il suo unico maestro). Fortunatamente Bohr, durante la sua ultima visita in URSS, fu invitato a tenere una conferenza e gli fu chiesto come fosse riuscito a creare una scuola di fisica teorica così famosa e di prim’ordine. Egli rispose: “Probabilmente perché non mi sono mai vergognato di dire ai miei studenti che sono uno stupido”. La conferenza di Bohr fu tradotta in russo da Evgenij Lifshitz, il più stretto collaboratore di Landau, che tradusse: “Probabilmente perché non mi sono mai vergognato di dire ai miei studenti che sono degli stupidi". L'errata traduzione di Lifshitz provocò molte risate tra gli ascoltatori, chi rese conto dell'errore, si corresse e si scusò. Kapitza, che era presente, osservò che questo errore di traduzione non era affatto casuale:

"Proprio qui sta la differenza tra le scuole di fisica teorica di Bohr e di Landau". [3]

Note:

[1] V.L Ginzburg About L.D. Landau- The Great Physicist in Great Solid State Physicists of the 20th Century editors Julio A. Gonzalo & Carmen A. Lopez. World Scientific (2003)

[2] Fabio Toscano Il fisico che visse due volte. I giorni straordinari di Lev Landau, genio sovietico Sironi Editore (2008).

[3] Frantisek Janouch Lev D. Landau: his life and work CERN 79-03 (1979).

[4] Anna Livanova Landau. A Great Physicist and Teacher translated by J.B. Sykes. Pergamon Press (1980).

[5] The Harder you work, the better da Vestnik Nauk SSSR No.7,121, 1980 presente in Landau. The Physicist and the Man. Recollections of L.D. Landau edito da I.M. Khalatnikov, tradotto dal russo da J.B. Sykes. Pergamon Press (1989).

[6] Boris Ioffe Lev Davidovich Landau. Published in Russian in B.L. Ioffe, Bez Retushi, (phasis, Moscow, 2004). Translated from Russian by James Manteith.

[7] A.A. Abrikosov Recollections of L.D. Landau presente in Landau. The Physicist and the Man. Recollections of L.D. Landau edito da I.M. Khalatnikov, tradotto dal russo da J.B. Sykes. Pergamon Press (1989).

[8] Ibidem

Lev Landau