La Storia della Superconduttività: dalle origini alla teoria BCS

Due delle caratteristiche principali della superconduttività, che è un fenomeno puramente quantistico sono l’improvvisa scomparsa della resistività di alcuni metalli al di sotto di una temperatura critica e l’effetto Meissner. Quest’ultimo comporta la completa espulsione di campi magnetici esterni, manifestando così un perfetto diamagnetismo nel metallo. La superconduttività che ha sfidato la comprensione teorica dei fisici fino a quando non è stata interpretata con successo, in termini di funzione d’onda macroscopica, da Vitaly Ginzburg e Lev Landau. Una giustificazione microscopica fu data sette anni dopo da John Bardeen, Leon Cooper e Robert Schrieffer nella cosiddetta teoria BCS che costituisce, ad oggi, la spiegazione standard della superconduttività. Oggi i magneti superconduttori trovano applicazioni negli acceleratori di particelle, come il Large Hadron Collider del CERN, anche se l’applicazione più popolare è per la diagnostica medica per immagini nella Risonanza Magnetica. Concludiamo questa rassegna sulla superconduttività con un’intervista ad Andrea Perali, Professore Associato di Fisica della Materia all’Università degli Studi di Camerino, sulla situazione attuale della ricerca sulla superconduttività.

Il comportamento dei gas era approssimativamente noto fin dalla fine del XVII secolo con i lavori di Robert Boyle e di Joseph Louis Gay-Lussac che avevano delineato il comportamento dei gas perfetti. Nel 1873, Johannes Diderik van der Waals fu il primo a considerare il volume e le forze intermolecolari (quelle che oggi sono note come forze di van der Waals), formulando così una teoria dei gasi reali. L’unico modo per testare questa teoria era condurre misure a temperature prossime allo zero assoluto (-273.15 °C), poiché a temperature estremamente basse il comportamento di un gas si discosta dal modello dei gas ideali, seguendo invece le previsioni teoriche di van der Waals. La necessità di raggiungere tali condizioni spinse Heike Kamerlingh Onnes, che fu soprannominato “il gentiluomo del freddo”, a fondare un laboratorio criogenico a Ledia il cui motto Door meten tot weten può essere tradotto come “la misurazione porta alla conoscenza”. [1]

La storia della liquefazione dei gas era iniziata nel 1877 quando i fisici Louis Cailletet e Raoul Pictet riuscirono a liquefare rispettivamente ossigeno e azoto. Nel 1892 Onnes ideò un dispositivo in grado di produrre significative quantità di idrogeno liquido tramite quello che divenne noto come processo a cascata: una sequenza di gas con temperature di condensazione decrescenti veniva compressa, raffreddata fino al punto di liquefazione e poi espansa. Tuttavia, il processo di liquefazione dell’idrogeno richiedeva di raggiungere temperature molto vicine allo zero assoluto. Chi per primo riuscì in tale impresa, anticipando Onnes, fu lo scozzese James Dewar, specializzato nella fisica delle basse temperature, arrivando alla temperatura di 20 K (-253 °C) grazie all’effetto Joule-Thomson, fenomeno per cui la temperatura di un gas diminuisce mentre si espande attraverso una valvola. È interessante notare che il ritardo della scoperta da parte di Onnes, secondo [1], è anche riconducibile al timore diffuso nella comunità di Leida per il ricordo di un’esplosione di una nave in un canale del centro. Il caso volle che il laboratorio di Onnes fosse costruito proprio vicino al luogo dell’incidente. Quando, nel 1896, le autorità appresero della presenza di idrogeno compresso e altamente infiammabile, la paura prese di una nuova catastrofe prese il sopravvento e fu nominata una commissione per studiare la situazione. Nonostante la presenza dello stesso van der Waals e una lettera di Dewar che supplicava il consiglio di permettere la prosecuzione della ricerca, il lavoro di Onnes fu interrotto per due anni.

Nel 1895, William Ramsay scoprì l'elio, spingendo Onnes a compiere esperimenti per liquefarlo. Dopo oltre dieci anni di tentativi, nel 1908, riuscì a ottenere l'elio liquido a -268.95°. Nei successivi tre anni migliorò
l’apparato sperimentale e nel 1911 iniziò a studiare le proprietà di alcuni metalli alla temperatura dell’elio liquido. Iniziò dal mercurio perché, per mezzo di ripetute distillazioni, poteva essere reso estremamente puro. Onnes e i suoi colleghi, Gilles Holst e Cornelis Dorsman (ai quali vanno aggiunti Gerrit Jan Flim, capo costruttore e Oskar Jesselring, soffiatore di vetro) iniziarono l’esperimento la mattina dell’8 aprile alle sette del mattino e si protrasse fino al tardo pomeriggio, quando scoprirono che a 4.3 K il mercurio perdeva completamente la sua resistenza elettrica. Onnes annotò sul suo quaderno di laboratorio:

“La misurazione della temperatura ha avuto successo. [La resistività del] Mercurio è praticamente zero.” [2]
Era la prima, storica, osservazione della superconduttività e l’annuncio della nascita di un nuovo campo della fisica.

Sempre nello stesso quaderno è possibile leggere un’affascinante annotazione:
“Appena prima che si raggiungesse la temperatura più bassa, circa 1.8 K, l’ebollizione si interruppe improvvisamente e fu sostituita dall’evaporazione, durante la quale il liquido si era visibilmente ridotto. Quindi, un’evaporazione estremamente forte in superficie.” [3]

Senza rendersene conto il gruppo di Leida aveva osservato la transizione superfluida dell’elio liquido. Due diverse transizioni quantistiche erano state osservate per la prima volta lo stesso giorno nello stesso laboratorio.

Molti fisici si prodigarono nel tentativo di fornire una spiegazione teorica della superconduttività, senza però avere successo. Felix Bloch, che propose e al contempo dimostrò l’erroneità della sua teoria, formulò ironicamente un teorema agli inizi degli anni ’30 che diceva che ogni teoria della superconduttività poteva essere smentita. [4] Anche Albert Einstein si interessò molto al problema e nel 1922, nell’articolo, “Commenti Teorici sulla Superconduttività dei Metalli” [5] , tentò senza riuscirci di formulare un quadro teorico della situazione. Più tardi, anche il poliedrico Richard Feynman si occuperà di questo tema e in un lavoro pubblicato nel 1957 [6] , riferendosi a un particolare problema della superconduttività, scriverà secondo il suo perfetto stile:

“L’unica ragione per cui non riusciamo a risolverlo è che non abbiamo abbastanza immaginazione”.

In una intervista di alcuni anni dopo, alla domanda a cosa stesse lavorando negli anni ’50 Feynman disse:
“Durante quel periodo ho passato un’enorme quantità di tempo a cercare di capire la superconduttività. Ho fatto moltissimi calcoli e ho sviluppato molti metodi, che ho visto poi sviluppati da altre persone per altri problemi. Ma non ho risolto il problema originale che stavo cercando di risolvere che era: da dove viene la superconduttività? Ci ho lavorato moltissimo. C’era un senso di grande vuoto, dettato dal fatto che non sono riuscito a risolvere il problema della superconduttività.” [7]

Sta di fatto che nel 1924 Onnes presentò una relazione al quarto congresso Solvay dove fornì una panoramica dei risultati sperimentali sulla superconduttività, relazione che terminò scrivendo:
“Per il momento, visto lo stato della teoria dei quanti, sembra che sarebbe del tutto prematuro voler fornire immagini più dettagliate del moto degli elettroni in conduzione. Ma si intravede l’alba della luce che
l’applicazione di questa teoria porterà.” [8]

Nel 1933 un altro strabiliante fatto sperimentale fu scoperto da Walther Meissner e Robert Ochsenfeld: un materiale superconduttore era in grado di espellere completamente un debole campo magnetico, manifestando così un diamagnetismo perfetto. Questo fenomeno si rivelò inspiegabile attraverso le equazioni di Maxwell e la fisica classica. Intorno al 1935 i fratelli Fritz e Heinz London formularono una teoria fenomenologica in grado di descrivere perfettamente l’effetto Meissner. Ma una teoria chiarificatrice era ancora ben lontana e la superconduttività sembrava essere uno dei problemi più difficili della fisica del XX secolo.

Il primo, concreto, passo in avanti avvenne nel 1950 quando Vitaly Ginzburg e Lev Landau introdussero la loro celebre teoria fenomenologica, dove approfondirono e formalizzando l’idea, già suggerita da Fritz London, che gli elettroni superconduttori si trovassero in uno stato quantistico macroscopico. Postulando l’esistenza di una funzione d’onda macroscopica che descrivesse il comportamento di questi elettroni superconduttori, riuscirono a combinare elementi della teoria dei fratelli London con l’analisi fatta da Landau selle transizioni di fase del secondo ordine. Quello che ottennero era che lo stato superconduttivo era governato da un’equazione alle derivate parziali molto simile all’equazione di Schrödinger (anche se il punto di partenza non era la meccanica quantistica, ma la minimizzazione dell’energia libera termodinamica).

Sette anni più tardi, Alexei Abrikosov, un giovane teorico del gruppo di Landau, trovò una nuova soluzione delle equazioni di Ginzburg-Landau, proponendo una nuova classe di materiali superconduttori, ora noti come superconduttori di tipo II. Abrikosov riuscì a dimostrare che le linee del campo magnetico applicato penetrano in alcuni superconduttori tramite una serie di vortici quantizzati, noti come vortici di Abrikosov, che consentono di mantenere il comportamento superconduttivo anche per campi magnetici più elevati. Nonostante fosse arrivato a tale soluzione già nel 1952, Landau impedì la pubblicazione perché non riteneva possibile questo tipo di soluzione; ci ripensò solo quando Feynman pubblicò il suo lavoro sui vortici nell’elio superfluido. I superconduttori di tipo II rivestono un ruolo essenziale per la costruzione di magneti superconduttori, impiegati per la risonanza magnetica nucleare e nei grandi acceleratori di particelle come il Large Hadron Collider al CERN di Ginevra. Abrikosov venne chiamato a Camerino nel 2000, tre anni prima l’assegnazione del Premio Nobel, a presentare un seminario dal titolo “Vortices in Superconductivity”.

Gli esperimenti che hanno contribuito a una parziale spiegazioni sono stati quelli sull’effetto isotopico, svolti agli inizi degli anni ’50. I risultati mostrarono che la temperatura critica per la transizione superconduttiva era inferiore nel campione con massa isotopica più grande. La massa dei nuclei atomici svolge, allora, un ruolo significativo, suggerendo un legame tra le interazioni degli elettroni e dei fononi (particelle associate alle vibrazioni reticolari) e il meccanismo superconduttivo.

Nel 1950 John Bardeen, l’unico ad aver vinto due Premi Nobel per la fisica (uno per l’invenzione del transistor e uno per aver sviluppato la teoria della superconduttività), capì immediatamente il potenziale di quella scoperta annotando a sé stesso: “le interazioni elettrone-reticolo sono importanti per determinare la superconduttività”. [9] Per garantire una sorta di priorità al lavoro che stava facendo, inviò un articolo (Zero- Point Vibrations and Superconductivity) alla rivista Physical Review. Ma Bardeen non fu l’unico teorico a collegare la superconduttività all’interazione elettrone-reticolo, anche Herbert Fröhlich aveva elaborato una teoria che lo richiedeva. Quando Fröhlich venne a conoscenza dei risultati sperimentali un giorno o due dopo la loro pubblicazione sulla Physical Review, inviò una lettera ai Proceedings of the Royal Society per rivendicare la priorità della sua teoria.

Bardeen, comunque, non era nuovo al confronto con la superconduttività. Nella sua seconda Nobel Lecture del 1972 ha scritto:

“Il mio primo fallimentare tentativo di costruire una teoria fu nel 1940. Tuttavia, questo lavoro fu interrotto dalla guerra e dal mio lavoro sui semiconduttori. Fu solo nel 1950, a seguito della scoperta dell’effetto isotopico, che iniziai nuovamente a interessarmi alla superconduttività. Il 1950 è stato notevole sotto diversi aspetti per la teoria della superconduttività. La scoperta sperimentale dell’effetto isotopico e la predizione indipendente di H. Fröhlich, secondo cui la superconduttività si origina dall'interazione tra gli elettroni e i fononi (i quanti delle vibrazioni reticolari), hanno fornito la prima chiara indicazione delle direzioni lungo le quali potrebbe essere cercata una teoria microscopica.”

Per cercare di rimediare a quel fallimentare primo tentativo, Bardeen riconobbe l’importanza di integrare la teoria quantistica dei campi, che aveva già un apparato matematico molto potente, per comprendere appieno questo fenomeno. Scrisse infatti:

“Esiste una struttura per una teoria adeguata della superconduttività, ma il problema è estremamente difficile. Sono necessarie idee radicalmente nuove.” [11]

Cercò allora un aiuto. Telefonò all’Institute for Advanced Study per parlare con Chen Ning Yang e gli chiese se qualche esperto in teoria dei campi era disposto al lavorare sulla superconduttività. Yang raccomandò Leon Cooper, che aveva recentemente conseguito il dottorato di ricerca. Con l’arrivo del terzo membro del gruppo, Robert Schriffer, giovane studente di dottorato, tutto era pronto per la svolta epocale.

Nel 1959 Cooper suggerì che, a temperatura sufficientemente bassa, le interazioni con il reticolo avrebbero consentito agli elettroni con spin opposti di combinarsi e formare uno stato legato. Gli elettroni in queste coppie, che oggi in letteratura sono chiamate coppie di Cooper, non devono essere necessariamente vicini tra loro ma devono muoversi in modo coordinato. Cooper capì che il movimento di queste coppie poteva spiegare come gli elettroni potessero fluire senza resistenza in un superconduttore. Immaginiamo un elettrone che si muove attraverso un solido e che attrae a sé le vicine cariche positive del reticolo cristallino. La deformazione del reticolo, dovuta all’attrazione tra l’elettrone e lo ione positivo, fa muove un altro elettrone verso la regione con la maggiore carica positiva. I due elettroni sono dunque tenuti insieme con una certa energia di legame. Se tale energia è maggiore dell’energia cinetica dell’oscillazione termica degli atomi, la coppia di Cooper rimarrà nello stato legato. Al di sopra di una certa temperatura l’agitazione termica è, invece, sufficiente per rompere il legame. A questo punto Bardeen, Cooper e Schrieffer tentarono di generalizzare questo risultato a una teoria a molti elettroni. Una delle maggiori difficoltà era di far fronte al fatto che le coppie di Cooper si sovrapponevano le une con le altre. Schrieffer in seguito descrisse il problema utilizzando un’analogia con le coppie che ballano su una pista affollata. L’idea principe è una: anche se uno dei due partner è lontano, anche a distanze considerevoli, e anche se altri ballerini si intromettono, ogni coppia rimane una coppia. Il problema ora era quello di rappresentare matematicamente quella soluzione. L’idea venne in mentre sempre a Schrieffer durante un viaggio in metropolitana:

“Ho scarabocchiato la funzione d’onda e ho calcolato l’inizio del valore di aspettazione e mi sono resto conto che l’algebra era molto semplice. È stato un lavoro di poche ora. È stato divertente. Il risultato era bello ed elegante; le cose funzionavano. Era tutto algebrico e non dovevo ricorrere al computer, né c’erano termini che buttavo via perché non riuscivo a gestirli. C’era bellezza e una semplicità che potremmo definire estetica.” [12]

Bardeen decise di dividere i compiti di quello che era rimasto da fare e affidò a Schrieffer il lavoro sulle proprietà termodinamiche, a Cooper l'esplorazione dell'effetto Meissner e altre proprietà elettrodinamiche, mentre a lui furono affidate le proprietà di trasporto e di non equilibrio. Due settimane dopo la svolta di Schrieffer erano pronti per la pubblicazione, ma mancava un ultimo tassello (Bardeen non era riuscito a derivare la transizione di fase del secondo ordine). Alla fine, Bardeen scelse di non tardare la pubblicazione e inviò una lettera sulla teoria BCS alla rivista Physical Review richiedendo la pubblicazione immediata:

“So che siete contrari alle lettere ma riteniamo che questo lavoro rappresenti un importante passo in avanti nella teoria della superconduttività e questo merita un trattamento speciale.” [13] Qualche settimana dopo la teoria era finalmente completa e i tre pubblicarono lo storico articolo Theory of Superconductivity. Quasi cinquanta anni dopo la sua scoperta, la superconduttività poteva finalmente essere considerata, ragionevolmente, risolta.

Bardeen annunciò la svolta epocale ai suoi colleghi nell’atrio dell’Università in maniera molto impacciata:
“Bene. Penso che abbiamo capito la superconduttività.” [13]

Dalla sua scoperta, avvenuta ormai 113 anni fa, la superconduttività è stata sempre al centro di ricerche teoriche, sperimentali e computazionali. All’Università di Camerino la Fisica delle basse temperature e lo studio della superconduttività nascono con la collaborazione tra Sergio Stizza e Sergej Tchoudinov. Già dal 1988, grazie ad un accordo firmato dall’allora Rettore Mario Giannella tra l’Università di Mosca e quella di Camerino, Tchoudinov iniziò a collaborare con i colleghi italiani anche se arrivò stabilmente nel 1993 con il titolo di professore di chiara fama. In questi anni si concentrò sulla costruzione del laboratorio curando personalmente progetti e le specifiche tecniche che vennero poi realizzati direttamente dall’Università di Mosca. L’oggetto principale di studio era il fenomeno della superconduttività rientrante, effetto osservato nei sistemi che si trovano vicino al confine ferromagnetico e conduttore.

Stizza ha ricordato:
“È stata una scelta lungamente pensata e mirata in modo assolutamente efficace al fine di dare ‘visibilità’ sia ad una attività di ricerca per molti versi unica, sia ad un Laboratorio che in nessun altro modo avrebbe potuto competere con gli altri grandi centri di ricerca, diversamente attrezzati per studiare il fenomeno della superconduttività, in quei giorni al centro dell’attenzione della fisica di una significativa parte della
comunità scientifica mondiale.”
Queste sono state le radici che si sono poi diramate fino ad oggi.

Professore, quali sono i più importanti progressi sulla superconduttività che sono stati raggiunti in Unicam o in collaborazione con Unicam?
Le ricerche sulla superconduttività sono state portate avanti presso il gruppo teorico di Materia Condensata fin dalla sua creazione da parte del Prof. Giancarlo Strinati, dove io mi sono inserito da giovane insieme a Pier Biagio Pieri e tanti altri collaboratori. Ci siamo concentrati su aspetti teorici e computazionali per studiare il fenomeno del crossover tra la superconduttività BCS convenzionale e una più caratterizzata da un accoppiamento forte tra gli elettroni che costituiscono le coppie di Cooper e che ci portano, invece, al regime di condensazione di Bose-Einstein. In particolare, ci siamo concentrati sullo studio dell’effetto della geometria dei materiali superconduttori e su come poter indurre fenomeni nuovi andando a controllare la geometria del campione. Partendo infatti da materiali tridimensionali, abbiamo considerato la possibilità di ridurre fortemente lo spessore fino alla scala nanometrica, passando così da tre a due dimensioni e da lì alla quasi unidimensionalità per arrivare a quelle che sono denominati stripes superconductive (strisce superconduttive). Inoltre, sono stati dati contributi teorici per predire il fenomeno di amplificazione della superconduttività, tecnicamente chiamati shape resonances (risonanze di forma) per capire quali sono le configurazioni geometriche ottimali per avere un preciso controllo sui parametri rilevanti della superconduttività.
Queste analisi teoriche e computazionali sono state, negli ultimi anni, affiancate a un’attività sperimentale grazie all’uso di un criostato che ci permette di raggiungere temperature di circa 2K e, di conseguenza, di studiare proprietà tipiche dello stato superconduttivo anche in presenza di campi magnetici. Per avere questo tipo di campioni abbiamo una collaborazione attiva già da diversi anni con Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica di Torino e recentemente si è aperta una promettente collaborazione con National Physical Laboratory of India a New Delhi.

L’ultima linea di ricerca di cui vorrei solo fare un accenno è quella dei superconduttori complessi, che prende il nome di Quantum Complex Matter dove si va a studiare il comportamento di un materiale che ha al suo interno elettroni di diverso tipo (o in generale fermioni di diverso tipo se si considerano nuvole di atomi ultrafreddi) e se questo possa favorire l’emergere di nuovi fenomeni quantistici.

2-Quali sono i principali argomenti di interesse relativi alla superconduttività all'interno del nostro ateneo?
Ripetiamo sicuramente l’interesse teorico e computazionale che riguarda la superconduttività in sistemi complessi e con particolari geometrie, ma abbiamo anche un certo numero di interessi trasversali, e a carattere interdisciplinare. In particolare, con la sezione di Chimica abbiamo un interesse verso la superconduttività in materiali organici che presentano caratteristiche particolari come una forte interazione elettroni-fononi che portano poi alla formazione di quasiparticelle chiamate polaroni e che possono portare a proprietà superconduttive inaspettate.
Un’altra collaborazione che è avvenuta nel tempo, e che speriamo di riprendere, è stata con la sezione di Matematica e riguarda lo studio della superconduttività su spazi curvi. Questo perché i metodi della relatività generale possono essere usati per studiare configurazioni geometriche assolutamente non banali per la superconduttività.
Riguardo sempre la connessione con l’universo a grande scala, un progetto a cui tengo molto è il Lunar Gravitational-wave Antenna con il quale esiste la possibilità di effettuare la misura e la caratterizzazione delle onde gravitazionali utilizzando le vibrazioni quadrupolari della Luna. Quando un’onda gravitazionale investe la Luna, la mette in vibrazione e produce una sorta di debolissimi Luna-moti. Questi possono essere misurati con una serie di sismografi ad altissima sensibilità posizionati al polo sud della Luna, dove si hanno crateri che fanno ombra perenne e dove ci sono temperature molto basse. Lì possono essere inserite tecnologie superconduttive a vari livelli per amplificare la sensibilità ed eliminare ogni tipo di dissipazione e rumore di fondo. Questo è un tema che stiamo portando avanti a livello internazionale e con la collaborazione di UNICAM per la realizzazione e lo studio di avvolgimenti superconduttori da usare nei sismografi.

3-In che direzione sta andando la ricerca sulla superconduttività? Qual è il suo futuro?
La superconduttività è un fenomeno che ha ormai più di cento anni ed è un settore che se guardiamo all’intera area di ricerca della Materia Condensata, che oggi chiamiamo Quantum Matter, occupa metà di tutto il settore ed è un qualcosa in cui sono coinvolti decine di migliaia di ricercatori in tutto il mondo e con grande intersezione interdisciplinare. Quindi la superconduttività è un campo di ricerca enorme e ormai ha tantissime ramificazioni con uno forte interesse per le applicazioni della seconda rivoluzione quantistica. Fatta questa premessa, posso senz’altro dire che rimane forte l’interesse di predire e realizzare materiali superconduttori che possano condurre a temperature sempre più alte, fino a temperatura ambiente ed anche oltre. E la ricerca ha ancora molta strada da fare per trovare questi materiali che siano, alla temperatura ambiente, stabili e funzionanti. Su questo ci sono varie direzioni, tra cui quella che stiamo seguendo noi per disegnare e progettare superconduttori complessi che abbiano temperature critiche elevate, oppure quella di materiali con alta percentuale di idrogeno al loro interno. L’idrogeno infatti consente di avere iterazioni elettrone-reticolo molto forti e possibilmente di avere temperature critiche molto elevate, anche se per ora ci sono indicazioni di questo solo a pressioni elevate. È interessante notare che le pressioni elevate non sono usate per agire direttamente sulla superconduttività e quindi sugli elettroni (come fa la normale pressione), ma per stabilizzare il reticolo dato che la presenza di un’alta percentuale di atomi di idrogeno tende a far collassare il reticolo.
Un’altra vita è quella di aumentare la complessità della superconduttività come la superconduttività topologica, che sfrutta effetti topologici, cioè particolari configurazioni della struttura elettronica e del reticolo, per dare vita a fenomeni quantistici interessanti e contemporaneamente stabili. Cioè, la topologia vuole essere usata per cercare di ridurre il più possibili i fenomeni di decorenza quantistica che affliggono le
attuali tecnologie quantistiche.

4-Oltre agli sviluppi tecnologici e ingegneristici quali sono le domande a cui la fisica deve ancora rispondere riguardo i fondamenti teorici della superconduttività? 
Molti progressi sono stati fatti perché la meccanica quantistica, e il suo sviluppo per la teoria a molti corpi, hanno portato alla formazione di un grosso apparato teorico che ci permette di comprendere e controllare il fenomeno della superconduttività, ma abbiamo ancora tante domande aperte a livello fondamentale. E come diceva Richard Feynman:
"Io vi descriverò come funziona la natura e voi non capirete perché la natura funzioni così. Ma questo non lo capisce nessuno, e quindi io non ve lo so spiegare."

5-Può la superconduttività entrare nella vita di tutti i giorni? 
L’Università di Camerino ha tentato di rispondere fin dagli inizi degli anni 2000 a questa domanda, anni in cui conobbi il Prof. Tchoudinov perché avevamo avviato l’esposizione divulgativa “Superconduttività e
Applicazioni”. La prima risale al maggio 2001 e avevamo attirato più di duemila partecipanti; successivamente venne ripetuta per altre 14 edizioni di 10 diverse città italiane. Questa esposizione era per far capire come la superconduttività è entrata a far parte nella nostra vita quotidiana e ci sono diversi esempi. Sicuramente, il fatto di poter generare con i superconduttori campi magnetici molto elevati è una delle applicazioni più importanti in assoluto. Questo perché, quando si prova ad andare a valori di campi magnetici utili nel campo biomedico (come nel caso della Risonanza Magnetica Nucleare) gli elettromagneti convenzionali non possono essere più utilizzati.
Anche se io mi auguro che entrerà tramite i qubit! In questo momento storico ci sono poche possibilità (e si contano sul palmo di una mano) per realizzare qubit per il computer quantistico e una delle più promettenti è quello del qubit a stato solido fatto con giunzioni Josephson superconduttrici.

 

Note:
[1] Rudolf de Bruyn Ouboter Heike Kamerlingh Onnes’s Discovery of Superconductivity, Scientific American,
Vol. 276, No. 3 (MARCH 1997), pp. 98-103
[2] Dirk van Delft and Peter Kes The discovery of superconductivity, Physics Today 63 (9), 38–43 (2010);
[3] Ibidem
[4] Citato sia da Lillian Hoddeson in John Bardeen and the Theory of Superconductivity, Montents of
Discovery, American Institute of Physics; e in American Physical Society News July 1957: Bardeen, Cooper,
and Schrieffer submit their paper, Theory of Superconductivity
[5] Albert Einstein Theoretische Bemerkungen zur Supraleitung der Metalle in “Il Laboratorio di Fisica
dell'Università di Leida negli anni 1904-1922”, libro commemorativo presentato a H. Kamerlingh Onnes,

direttore del Laboratorio, in occasione del suo quarantesimo di cattedra l'11 novembre 1922. Leida: IJdo,
1922, pp. 429-435.
[6] Richard Feynman Superfluidity and Superconductivity, Reviews of Modern Physics, April 1957, Vol. 29, n.
2
[7] David Goodstein, Judith Goodstein Richard Feynman and the History of Superconductivity
[8] Tilman Sauer Einstein and the Early Theory of Superconductivity, Springer, March 2007, Vol. 61, No. 2 pp.
159-211
[9] Lillian Hoddeson in John Bardeen and the Theory of Superconductivity, Montents of Discovery, American
Institute of Physics
[10] John Bardeen Electron-Phonon Interactions and Superconductivity, Nobel Lecture, December 11, 1972
[11] Lillian Hoddeson in John Bardeen and the Theory of Superconductivity, Montents of Discovery,
American Institute of Physics
[12] Schrieffer’s Story-Superconductivity Moments of Discovery, American Institute of Physics
[13] Lillian Hoddeson in John Bardeen and the Theory of Superconductivity, Montents of Discovery,
American Institute of Physics
[13] Ibidem