Il produttore cinematografico Anatole Dauman descrivendo il misterioso Chris Marker, uno dei più grandi innovatori del cinema francese, disse che parlare della vita di quell’uomo segreto significava sfidare la sua disapprovazione. Questo ritratto si adatta perfettamente anche a una delle personalità più enigmatiche del nostro Paese: il fisico siciliano Ettore Majorana. Molteplici teorie si sono sviluppate attorno alla sua scomparsa, ma l’approccio da seguire è quello dettato da Francesco Guerra e Nadia Robotti quando affermano che: “ogni ricerca sulla scomparsa e sul destino di Ettore Majorana deve tenere presente che l’obiettivo primario è quello di pervenire ad una migliore conoscenza della sua opera scientifica, su cui c’è una scarsissima documentazione per il periodo 1933-1939, e del valore della sua eredità anche culturale e morale. Nel parlare della scomparsa è necessaria una estrema serietà.”
Ettore Majorana nacque il 5 agosto del 1906 a Catania da una colta famiglia del luogo: suo padre, l’ingegner Fabio massimo, era stato il fondatore e per anni direttore dell’azienda telefonica di Catania, mentre lo zio Quirino era un noto professore di fisica sperimentale all’Università di Bologna. La prima fase dell’istruzione del giovane Ettore fu affidata al padre ma poi la madre, Salvatrice Corso, lo mandò dai gesuiti all’istituto Massimo di Roma per terminare gli studi. Dopo aver ottenuto la maturità classica con un anno di anticipo, nell’autunno del 1923 decise di iscriversi alla facoltà di ingegneria. Il suo talento matematico era già ben noto e ritrova riscontro in un aneddoto di Emilio Segré, futuro ragazzo di Via Panisperna, che racconta di quando stavano per sostenere l’esame di geometria descrittiva con Giulio Pittarelli:
“Mentre aspettavo di essere chiamato per sostenere l’esame orale, Majorana mi fornì una prova dell’esistenza dei cerchi di Villarceau su un toro. Non l’avevo completamente capito, ma lo memorizzai sul momento. Entrando nell’aula d’esame il professor Pittarelli mi chiese, come era suo solito, se avessi preparato un argomento. Iniziai a ripetere le parole che mi disse poco prima Majorana prima che me le fossi dimenticate. Il professore rimase impressionato e si congratulò con me per una dimostrazione così elegante e che per lui risultava del tutto nuova.” [1]
Nonostante Majorana manifestasse una certa insofferenza verso un metodo di insegnamento che insisteva nella descrizione di particolari di poco conto e tralasciava completamente la generalizzazione del fenomeno, facendo venir meno l’inquadramento di una disciplina scientifica, era sempre pronto ad aiutare i suoi amici e colleghi, sviluppando in breve tempo una discreta fama. Un suo vecchio amico di infanzia, Gastone Piquè, ricordò:
“Il giorno prima dell’esame di fisica teorica non riuscivo a capire un problema, non ricordo più quale, ma ricordo che riempiva quattro pagine di calcoli. Mi rivolsi a Ettore e gli chiesi aiuto. Lui mi disse «Vedi, quelle quattro pagine potrebbero anche essere riassunte in quattro parole» e iniziò a fornirmi una spiegazione chiara e semplice. Per una felice coincidenza questo diventò il contenuto del mio esame orale.” [2]
Alla fine del 1927 a Roma si stava a poco a poco costruendo l’ambiente attorno ad Enrico Fermi: Emilio Segrè era passato da ingegneria a fisica e decantava spesso le lodi, e le eccezionali qualità, di Majorana che, in procinto di frequentare l’ultimo anno, decise di seguire la strada del collega. Uno dei primi incontri tra Fermi e Majorana è praticamente leggendario (e forse un po’ mitizzato) ed è raccontato dallo stesso Segré. [3] A quel tempo Fermi stava lavorando all’applicazione di alcuni concetti statistici all’applicazione della fisica atomica, arrivando a formulare quello che oggi è noto come metodo di Thomas-Fermi. Quando Fermi trovò che per andare avanti nel lavoro gli occorreva la soluzione di una complessa equazione differenziale non lineare, caratterizzata da strane condizioni al contorno, si rimboccò le maniche e, tramite l’ausilio di una piccola calcolatrice a mano, in una settimana riuscì a trovare una soluzione approssimata, compilando poi delle tabelle con risultati numerici. Durante il loro colloquio, Fermi parlò delle recenti ricerche ed espose rapidamente le linee generali del modello, mostrando le tabelle dove erano raccolti i vari valori numerici. Majorana ascoltò in silenzio e, dopo aver chiesto qualche chiarimento se ne andò. Nella tarda mattinata del giorno successivo ritornò all’Istituto, entrò nell’ufficio di Fermi e gli chiese, senza ulteriori indugi, di poter vedere la tabella che gli era stata posta davanti per pochi istanti il giorno prima. Una volta presa, tirò fuori dalla tasca un minuscolo pezzo di carta in cui aveva scritto una tabella analoga, le confrontò e dopo aver detto che non c’era nessun errore, uscì dall’ufficio e lasciò l’Istituto. Fermi aveva impiegato una settimana di duro lavoro per arrivare a quei risultati, Majorana poco meno di 24 ore.
Il gruppo dei ragazzi di Via Panisperna era stato creato per funzionare come una perfetta macchina da fisica e ruotava attorno al Papa della fisica italiana, Enrico Fermi. Majorana risultava essere, invece, un tipo riflessivo, dotato di una grande capacità di analisi e che svolgeva le sue ricerche in completa autonomia. Durante questo periodo coltivò rapporto di amicizia con Edoardo Amaldi e, soprattutto, con Giovanni Gentile Jr. Con quest’ultimo in particolare condivise l’inclinazione verso le matematiche astratte, contrapponendosi fortemente all’ambiente culturale del gruppo romano che, come scrive Luisa Bonolis [4] “era dominato dal pragmatismo matematico di Fermi e dall’animus essenzialmente sperimentale di Franco Rasetti.”
La tesi di Majorana Sulla meccanica quantistica dei nuclei radioattivi rappresenta il primo lavoro teorico in Italia sulla fisica nucleare. Qui trattò in maniera rigorosa il decadimento α, argomento in quegli anni di estremo interesse visto che poco tempo primo George Gamow riuscì a fornirne una spiegazione nel contento della meccanica quantistica. La parte più originale e innovativa della tesi di Majorana viene presentata nel capitole tre dove egli discute la “possibilità della reintegrazione per urto degli elementi costituiti delle sostanze radioattive spontaneamente disgregatesi [5] , ovvero l’inverso del decadimento radioattivo discusso da Gamow. Majorana descrive il fenomeno in termini di un fenomeno universale associato a uno “stato quasi stazionario” di una generica particella confinata da una barriera di potenziale di spessore finito e altezza energetica finita. Questa barriera di potenziale è tale da rendere la funzione d’onda confinata in un livello discreto, localizzato all’interno del nucleo, ma è anche delocalizzata nello spazio esterno dove ha uno spettro energetico continuo. Majorana chiama “risonanza di forma” la risonanza quantistica tra lo stato localizzato e lo stato della particella libera delocalizzata nel vuoto. Questa risonanza è radicalmente diversa dalle risonanze in fisica classica e in meccanica quantistica note nel 1929.
Ugo Fano, colui che sviluppò la “Risonanza di Fano” molto utile in varie branche della fisica (dalla fotonica all’elettronica, passando alla superconduttività e alla fisica per il quantum computing), raccontava che tutti i ricercatori di via Panisperna ricordavano bene le controversie avvenute tra Majorana e Fermi riguardo la risonanza di forma. Fermi sosteneva che questa, anche se matematicamente corretta, non era fisicamente possibile. Malgrado il disaccordo con il suo supervisore di tesi, nel capitolo 3 della sua tesi di laurea discussa il 6 luglio del 1929, con Levi Civita membro della commissione di laurea ed Enrico Femi relatore, Majorana sostenne che la risonanza di forma era possibile in fisica nucleare per gli stati quasi stazionari. La tesi fu valutata positivamente con la valutazione massima: 110 e lode.
La risonanza di forma in fisica nucleare, nota oggi anche come scattering risonante, fu verificata sperimentalmente solo dopo la Seconda guerra mondiale, in misure di scattering di protoni e neutroni su nuclei.
Il lavoro di ricerca di Majorana si è protratto per un tempo relativamente breve (della durata di circa dieci anni) e portò alla pubblicazione di nove articoli più uno postumo curato da Giovanni Gentile Jr.
I primi articoli, redatti a cavallo degli anni Venti e Trenta, riguardano soprattutto problemi di fisica atomica e molecolare. Come Edoardo Amaldi sottolinea, questi lavori colpiscono per la loro alta classe, rivelando una profonda conoscenza dell’apparato teorico e dei dati sperimentali nei più piccoli dettagli. Dimostrano, inoltre, una straordinaria abilità nello sfruttare le proprietà di simmetria (molto care ai fisici) per semplificare i problemi più complessi, oltre alla solita eccezionale capacità di calcolo. Di questo periodo spicca Atomi orientati in un campo magnetico variabili (1932), dove Majorana riuscì a trovare delle modifiche nella forma delle righe spettrali dovute alla presenza di un campo magnetico oscillante, in connessione a un esperimento eseguito qualche anno prima da Enrico Fermi e Gilberto Bernardini a Firenze. Per trovare una soluzione sfruttò un metodo grafico, oggi chiamato sfera di Majorana o sfera di Bloch estesa per la rappresentazione degli spinori (un oggetto matematico he estende la nozione di vettore) unita alla teoria dei gruppi.
Per quel che concerne l’interesse di Majorana sull’suo della teoria dei gruppi per lo studio delle simmetrie, c’è un interessante retroscena che riguarda l’articolo Teoria Relativistica di Particelle con Momento Intrinseco Arbitrario (1932). Qui Majorana, partendo dalla teoria di Dirac, si fece carico di dimostrare che una teoria quantistica relativistica poteva essere costruita per particelle con spin arbitrario. L’equazione di Dirac è valida solamente per particelle con spin ½ e fa uso di una funzione d’onda che ha quattro componenti (lo spinore). Majorana considerò il difficile problema matematico di funzioni d’onda a infinite componenti, che nell’ambito della teoria die gruppi prende il nome di problema delle rappresentazioni unitarie di dimensioni infinita del gruppo di Lorentz e che vennero classificate da Eugene Wigner solamente anni più tardi. Wigner sembrava conoscere bene il lavoro del fisico italiano, tanto da scrivere:
“Le rappresentazioni del gruppo di Lorentz sono state studiate ripetutamente. La prima indagine è dovuta a Majorana, che ha infatti trovato tutte le rappresentazioni della classe di cui ci occupiamo nel presente lavoro, tranne due serie di rappresentazioni. […] La differenza tra il presente lavoro e quello di Majorana risiede, oltre che nella scoperta di nuove rappresentazioni, soprattutto nel suo maggior rigore matematico.” [6 ]
In realtà il lavoro di Majorana non fu compreso appieno, come viene riportato in una lettera di Wolfgang Pauli a Markus Fierz:
“Wigner non ha capito il lavoro di Majorana, come mi ha ammesso egli stesso” [7]
È interessante notare, come sottolinea Giovanni Battimelli , che Majorana fa parte di una nuova generazione di fisici teorici che si formano sin dall’inizio sul nuovo linguaggio della meccanica quantistica e su quello della teoria dei gruppi, che proprio in quegli anni si stava formando ed evolvendo. Fu nel 1928, nel periodo, cioè, della formazione di Majorana, che il grande matematico e fisico Hermann Weyl pubblicò il libro Gruppentheorie und Quantenmechanik (Teoria dei gruppi e meccanica quantistica). Non è un caso che Amaldi ricordò che “dopo la laurea Majorana studiava soprattutto i lavori di Dirac, Heisenberg, Pauli, Weyl e Wigner”. [8]
Nel 1932 giunsero a Roma i primi risultati dei coniugi Frédéric Joliot e Irène Curie sulla radiazione penetrante dove ipotizzarono un nuovo tipo di interazione tra i raggi gamma e i protoni. Tale proposta fu salutata da Majorana con una scrollata di capo accompagnata da un “non hanno capito niente: probabilmente si tratta di protoni di rinculo prodotti da una particella neutra pesante.” [9] Poco più tardi apparve sulla rivista Nature una memoria di James Chadwick dove veniva annunciata la scoperta del neutrone. Questa nuova particella cambiò radicalmente il modo di intendere il nucleo atomico. Tra giugno e dicembre del 1932 Werner Heisenberg pubblicò una serie di articolo dove dimostrava che si poteva costruire un modello di nucleo formato da protoni e neutroni. L’idea principe è che i neutroni e i protoni fossero legati da un complesso sistema di forze che comprendeva anche la cosiddetta “forza di scambio”, termini squisitamente quantistico che nasce dall’impossibilità di distinguere particelle identiche come sono, almeno nell’ambito delle interazioni forti, i protoni e neutroni. Queste forze permettevano alle particelle prese in esame di scambiarsi posizione, spin e carica elettrica. Heisenberg aveva inoltre il dubbio se considerare il neutrone come una vera e propria particella elementare o se identificarla come costituita da un protone e un elettrone, considerazione che veniva suggerita dall’emissione di elettroni nei processi radioattivi come, ad esempio, nel decadimento β. Una fonte autorevole, che corrisponde alla figura di Amaldi, affermò che Majorana provò a sviluppare una teoria dei nuclei analoga già prima dell’apparizioni di questi lavori. La decisione di Majorana di recarsi a Lipsia per poter lavorare con “Herr Professor” Heisenberg fu influenzata proprio dalla pubblicazione di questi articoli che concettualmente erano ritenuti giusti ma erano visti come incompleti. Tutto cambiò proprio con l’entrata in scena di Majorana con l’articolo Sulla teoria nucleare, pubblicato anche sulla notissima e importantissima Zeitschrift für Physik. Le idee di base erano le stesse adottate dal fisico tedesco, ma Majorana apportò sostanziali modifiche alle forze di scambio: il loro segno fu cambiato da negativo a positivo, lo spin non partecipava più a questo meccanicismo, protoni e neutrino, nello scambiarsi mutuamente le posizioni, non apportavano nessun cambiamento effettivo all’interno del nucleo. Con queste correzioni la teoria combaciava perfettamente con i risultati sperimentali, migliorando di molto la teoria precedente di Heisenberg. Da quel momento in poi si parlò di teoria e forze di scambio di Heisenberg-Majorana. Fu il trionfo scientifico di Majorana. Tali risultati gli conferirono fama a livello internazionale in campo nucleare, rendendolo un punto di riferimento al pari di Enrico Fermi e Bruno Rossi, tanto che fu invitato nel 1935 a partecipare a un convegno internazionale presso l’Istituto Tecnico Fisico di Leningrado. Sfortunatamente quella conferenza si tenne solo due anni dopo, senza la partecipazione di Majorana.
Tornato dalla Germania, ci fu un lungo periodo di silenzio di Majorana che fu interrotto dalla pubblicazione del suo ultimo articolo, forse il più importante, dal titolo Teoria simmetrica dell’elettrone e del positrone in cui sviluppa l’idea di simmetria particella-antiparticella e dove compaiono quelli che oggi sono comunemente noti come neutrini e fermioni di Majorana. Paul Dirac, dovendo ovviare a degli inconvenienti generati dall’equazione di Schrödinger con correzioni relativistiche ipotizzò che gli stati ad energia negativa fossero tutti occupati da particelle (Mare di Dirac). Quando l’elettrone passava da uno stato ad energia negativa ad uno con energia positiva, avrebbe lasciato un “buco” (lacuna) che si sarebbe manifestata come una antiparticella dello stesso elettrone, ma con carica positiva. Alla scoperta dell’antielettrone, chiamato in seguito positrone, collaborò anche l'italiano Giuseppe Occhialini.
Majorana eliminò completamente l’idea del mare di Dirac e gli stati a energia negativa costruendo, nella maniera più naturale possibile, una teoria delle particelle neutre elementari in cui la particella presa in esame si identifica con la sua stessa antiparticella, abbandonando così la necessità di doverle introdurre. L’esempio più famoso che potrebbe rispondere a questo tipo di esigenza, come riportato dallo stesso Majorana, potrebbe essere il neutrino, teorizzato solo qualche tempo prima da Pauli.
Una menzione d’onore per l’ultimo articolo, pubblicato postumo, Il valore delle leggi statistiche nella fisica e nelle scienze sociali che mostra la poliedricità di interessi di Majorana.
Ad oggi molti scritti inediti sono stati trovati e sono in fase di studi ma si notano alcuni tratti scientifici importanti: l’estrema precisione nel suo lavoro (pagine e pagine di calcoli fatti e rifatti). Molti sembrano avere una certa influenza anche per il progredire della ricerca scientifica odierna. Ma come ha raccontato il solito Amaldi:
“Talvolta, nel corso di una conversazione con qualche collega, diceva quasi incidentalmente di aver fatto durante la sera precedente il calcolo o la teoria di un fenomeno non chiaro che in quei giorni aveva colpito l’attenzione sua o di qualcuno di noi. Nella discussione che seguiva Ettore a un certo punto tirava fuori dalla tasca il pacchetto delle sigarette Macedonia sul quale erano scritte, in una calligrafia minuta ma ordinata, le formule principali della sua teoria o una tabella di risultati numerici. Copiava sulla lavagna parte dei risultati, quel tanto che era necessario per chiarire il problema, e poi, finita la discussione e fumata l’ultima sigaretta, accartocciava il pacchetto e lo buttava nel cestino”. [10]
Chissà quali meraviglie potevano contenere l’involucro di quelle sigarette.
Nella primavera del 1937 l’Università di Palermo, per volere di Emilio Segrè, bandì un concorso a cattedre per la fisica teorica. I candidati erano molti ed erano validi, ma la commissione esaminatrice ha già in mente la terna vincitrice: Gian Carlo Wick, Giulio Racah e Giovanni Gentile Jr. Majorana decise all’ultimo di partecipare, ribaltando completamente gli eventuali esisti del concorso ma Fermi trovò un’audace via d’uscita: nominò Majorana vincitore “per chiara fama” di una cattedra presso l’Università di Napoli, dove arrivò nel gennaio del 1938. Qui tenne regolarmente il ciclo di lezioni, 21 in totale, del corso di Fisica teorica, alle quali partecipò Sebastiano Sciuti, che ricordò:
“La cosa che mi ricordo sempre di Majorana- a parte la sua bravura- è che stava con gli occhi bassi. Quando li apriva aveva certi occhi neri, da siciliano, ardenti! Ecco, nella mia ignoranza io ricordo questi particolari. Quando comparve nell’aula grande di fisica il professor Majorana per la sua lezione di inaugurazione, la cosa era piuttosto triste, in quanto c’erano soltanto una decina di persone in un’aula enorme. Forse non l’aveva immaginata in questo modo, ma comunque vidi quest’uomo tutto vestito di blu con l’aria così triste. […] Lui colloquiava con la lavagna, quindi ci ignorava abbastanza. Era un tipo effettivamente strano, con questi occhi però particolarmente interessanti.” [11]
Il 25 marzo prese un piroscafo da Napoli diretto verso Palermo. Sbarcato in Sicilia scrisse una prima lettera ad Antonio Carrelli, direttore dell’Istituto di Fisica di Napoli, dove manifesta la sua volontà di allontanarsi e dove parla di decisioni ormai inevitabili. In una seconda lettera, molto famosa, scrive sempre a Carrelli:
“Caro Carrelli. Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani all’albergo Bologna, viaggiando forse con questo stesso foglio. Ho però intenzione di rinunziare all’insegnamento. Non mi prendere per una ragazza ibseniana perché il caso è differente. Sono a tua disposizione per ulteriori dettagli.” [12[
È l’ultima lettera di Ettore Majorana. Da qui si potrebbe iniziare quella sfida, accennata all’inizio, alla quale però non sentiamo il dovere di partecipare.
Note:
[1] Salvatore Esposito Ettore Majorana. Unveiled Genius and Endless Mysteries Springer
[2] Ibidem
[3] Emilio Segrè Enrico Fermi, fisico. Una biografia scientifica Zanichelli (1971)
[4] Luisa Bonolis Giovanni Gentile e Ettore Majorana: la comparsa della teoria dei gruppi nella fisica teorica italiana
[5] Luisa Bonolis, Alessandra Vittorini Orgeas, Antonio Bianconi Ettore Majorana. Sulla meccanica dei nuclei radioattivi. La tesi di laurea di una mente geniale. Gattomerlino.
[6] E. Wigner On Unitary Representations of the Inhomogeneous Lorentz Group, Annals of Mathematics, vol. 40, N. 1 pp. 149-204 (1939)
[7] W. Pauli, Karl von Meyenn Wissenschaftlicher Briefwechsel mit Bohr, Einstein, Heisenberg u.a (Scientific Correspondence with Bohr, Einstein, Heisenberg, a.o.) Volume III: 1940-1949, Sources in the History of Mathematics and Physical Sciences 11 (1993)
[8] Giovanni Battimelli, Maria Grazia Ianniello Fermi e dintorni. Due secoli di fisica a Roma (1748- 1960) Mondadori Università (2013)
[9] Edoardo Amaldi Ricordo di Ettore Majorana Giornale di Fisica vol.9, p.300 (1968) S.I.F.
[10] Ibidem
[11] Luisa Bonolis Maestri e allievi nella fisica italiana del Novecento La Goliardica Pavese
[12] Majorana Last Letter, Wikipedia Commons