Carlo Rubbia e i bosoni W e Z

A Carlo Rubbia, Premio Nobel e Senatore a vita della Repubblica, fu conferita dall’Università di Camerino la laurea honoris causa in matematica nel gennaio del 1987. Partecipò, inoltre, in qualità di relatore in occasione del convegno “Quale fisica per un nuovo corso di laurea”. Rubbia è stato protagonista di una delle scoperte più sensazionali che danno conferma del Modello Standard, quella dei bosoni W e Z.

“Il desiderio di ricercare, cioè di conoscere, è l’espressione concreta di uno degli istinti più profondi dell’essere umano, che ci caratterizza in quanto tali: la curiosità.”[1]

Carlo Rubbia è nato il 31 marzo del 1934 a Gorizia, sul confine sloveno. Alla fine della Seconda guerra mondiale gran parte della provincia venne occupata dalla Jugoslavia e la famiglia fuggì a Venezia prima, e Udine poi. Contro il parere dei genitori decise di studiare fisica:

“La mia famiglia avrebbe preferito che facessi ingegneria, ma io volevo studiare fisica. Così abbiamo convenuto che se avessi superato gli esami di ammissione alla Scuola Normale di Pisa avrei potuto studiare lì, altrimenti avrei dovuto fare ingegneria. C’erano solo dieci posti e io mi classificati undicesimo, quindi persi la mia scommessa e andai a studiare ingegneria a Milano. Per fortuna uno studente arrivato fra i primi dieci (che sarei curioso di conoscere un giorno) si arrese e lasciò un posto libero. Così, tre mesi dopo, ero a Pisa a studiare fisica; lì rimasi e mi divertì molto.” [2]

In un’altra occasione ha detto:

“Ricordo questo fatto, apparentemente insignificante, perché ha determinato in modo del tutto casuale la mia carriera da fisico.” [3]

Durante il soggiorno pisano, Rubbia partecipò allo sviluppo e alla realizzazione dei primi rivelatori di particelle a gas pulsati con Marcello Conversi, suo relatore di tesi. Conversi ha ricordato il Rubbia studente:

“Si inserì nei lavori di laboratorio quando era ancora studente del terzo anno ed apparve subito come un ‘puledro di razza’: un giovane sperimentatore di straordinarie capacità.” [4]

Nel 1958 passò un anno e mezzo alla Columbia University dove iniziò il primo di una lunga serie di esperimenti sulle interazioni deboli, argomento per cui nutriva un forte interesse. Tornò successivamente in Italia, a Roma, per un solo anno, diventando assistente di Conversi. Rubbia lo ricorda come “un grande amico oltre ad essere un grande mentore: qualcuno con cui il passaggio da studente a collega è avvenuto molto velocemente.” [5]

Nel 1961 approdò al neonato CERN di Ginevra, che divenne il palcoscenico della più grande avventura scientifica di Rubbia: la scoperta dei bosoni W e Z. Come ha ricordato lui stesso quella “è stata una conclusione nella lunghissima storia della fisica delle particelle”.[6]

 

Figura 1: Carlo Rubbia riceve la Laurea Honoris Causa all'Università di Camerino

 

Le radici di questa scoperta, avvenuta negli anni Ottanta, risalgono a circa cinquant’anni prima, quando Enrico Fermi sviluppò la teoria del decadimento β. Questo lavoro fu il primo significativo passo verso la comprensione della cosiddetta forza debole, una delle quattro interazioni fondamentali della natura insieme a quella elettrica, gravitazionale e forte). La domanda era: come si trasmette questa forza? Si può riformulare questa domanda in maniera leggermente diversa. Nelle teorie che descrivono le interazioni fondamentali, l’idea che c’è alla base è che delle particelle, chiamate mediatrici, siano responsabili della trasmissione delle forze tra le particelle coinvolte nel processo fisico. Così come il fotone diventa il mediatore della forza elettromagnetica, una qualche particelle deve essere mediatrice dell’interazione debole.

Nei decenni successivi si arrivò ad aver a un identikit di tale mediatore: doveva avere una carica elettrica positiva o negativa, uno spin unitario e una massa molto molto grande. Lo chiamarono “bosone vettoriale pesante” e venne indicato con W (W+ e W- a seconda della carica elettrica considerata).

Negli anni Settanta, Sheldon Glashow, Steven Weinberg e Abdus Salam fecero un grande passo in avanti sviluppando la teoria elettrodebole (unione dei fenomeni elettromagnetici e deboli). Accanto ai bosoni W carichi, la teoria richiedeva un mediatore neutro dell’interazione debole: il bosone Z (o Z-neutro). Inoltre, furono previste anche le masse di questi bosoni, che dovevano essere tra gli 80 e i 90 GeV, valori ben al di là delle possibilità sperimentali dell’epoca.

Fu in questo contesto che Rubbia si fece promotore di convertire il grande acceleratore di particelle dell’epoca, il Super Proton Synchrotron (SPS), in una macchina che per la collisione di protone e antiprotone.

“La mia prima proposta- scrive Rubbia- è stata scritta per gli Stati Uniti dato che insegnavo ad Harvard e quindi facevo parte del sistema statunitense. Ma non funzionò per una serie di ragione, tra cui la burocrazia. Il CERN era un posto nuovo, c’erano persone che avevano una visione del futuro e sostenevano la mia idea che presto divenne una possibile soluzione. È chiaro che quell’idea comportava molta pressione, duro lavoro e competizione con idee alternative. C’erano molte idee e tutte avevano l’obiettivo di diventare il nuovo grande progetto del CERN.” [7]

Il nuovo acceleratore entrò in funzione nell’ottobre del 1982 e si crearono due progetti paralleli indipendenti: dapprima venne approvato l’Underground Area 1 (UA1) e, qualche mese più tardi, l’UA2. Questi avevano configurazioni sperimentali e strumenti leggermente diversi, ma avevano l’unico obiettivo di identificare eventi che potevano ricondurre all’esistenza dei bosoni W e Z. Nel ricordo[8] di Pierre Darriulat, portavoce della collaborazione UA2 tra il 1978 e il 1981:

“La competizione tra UA1 e UA2 è stata reale e vivace, ma relativamente poco importante; era più una specie di gioco e ci siamo divertiti molto. Non c’era dubbio che Carlo fosse il re del regno protone-antiprotone e che, come tale, fosse riconosciuto da tutti noi.”

Un decisivo contributo alla realizzazione dell’esperimento venne dato da Simon van der Meer con l’ideazione e lo sviluppo di un’ingegnosa tecnica (indispensabile ancora oggi) nota come “raffreddamento stocastico”. Questa permetteva di ridurre le dimensioni e aumentare l’intensità dei fasci e creando condizioni sperimentali ottimali per l’osservazione dei bosoni W e Z grazie a un notevole incremento della probabilità di collisione tra le particelle.

Nel gennaio del 1983 la direzione del CERN aveva programmato due seminari per presentare dei nuovi risultati. La conferenza dell’UA1 era prevista per il 20 gennaio, mentre quella dell’UA2 per il giorno successivo.

L’auditorium principale poteva contenere 500 persone; sembra ce ne fossero il doppio. In quel seminario Rubbia rivelò sei possibili eventi compatibili con il bosone W. Gary Taubes in [9] scrive:

“Quando terminò gli fecero una stand ovation. Fisici che si erano presi gioco di Rubbia e che avevano previsto, o addirittura sperato, che il suo progetto fallisse, quelli che avevano litigato con lui e che giurarono di non lavorare mai più con lui, hanno tutti applaudito per cinque minuti. Il CERN era felice.”

Il giorno dopo Luigi Di Lella, dell’esperimento UA2, presentò ulteriori 4 eventi compatibili con il bosone W. La fisica era praticamente la stessa. Fu un trionfo. A coronare il tutto, pochi mesi dopo venne data la notizia dell’osservazione del bosone Z. Sempre Taubes in [9] dà una panoramica più generale dell’impresa di Rubbia e del CERN:

“L’esperimento di Rubbia ha fatto molto di più che scoprire i bosoni W e Z. Ha cambiato l’equilibrio di potere nella fisica delle particelle. Forse la cosa più importante è che ha dimostrato che gli europei potevano fare fisica come o meglio degli americani.”

Dopo la conferenza che annunciava anche la scoperta del bosone Z (o, ricordiamo, Z-zero perché doveva avere carica neutra), il New York Times pubblicò un editoriale sulla fisica delle particelle intitolato: “Europe 3, U.S. Not Even Z-Zero” (Europa 3, Stati Uniti nemmeno Z-Zero).[10]

Nel 1984 Carlo Rubbia e Simon van der Meer vinsero il Premio Nobel per la fisica “per i loro contributi decisivi al grande progetto che ha portato alla scoperta delle particelle di campo W e Z, comunicatori di interazione debole.”[11]

Divenne poi direttore generale del CERN dal 1989 al 1994. Sotto la sua direzione fu completato e inaugurato il Large Electro-Positron (LEP), uno dei più grandi e complessi acceleratori di particelle mai costruiti. Sempre sotto la sua guida, prese slancio l’idea di costruire il Large Hadron Collide (LHC) (con il quale, nel 2012, venne annunciata la scoperta del Bosone di Higgs).

Figura 2: Rubbia e Van der Meer

 

Note:

[1] Carlo Rubbia The Role of Science in the 21st Century, Lectio Magistralis (Gran Sasso Science Institute, INFN, 2013).

[2] Carlo Rubbia: a passion for physics and craving for new ideas (CERNcourier, 2014) https://cerncourier.com/a/carlo-rubbia-a-passion-for-physics-and-a-craving-for-new-ideas/

[3] Carlo Rubbia, Biographical (Nobel Prize)

https://www.nobelprize.org/prizes/physics/1984/rubbia/lecture/

[4] Marcello Conversi, Il mio allievo Carlo Rubbia (Scienza e Vita nuova, 1984)

[5] come in nota [2]

[6] Thomas Lewton, A Call for Courage as Physicists Confront Collider Dilemma (QuantaMegazine, 2019)

https://www.quantamagazine.org/carlo-rubbia-calls-for-courage-as-physicists-confront-collider-dilemma-20190807/

[7] come in nota [2]

[8] Pierre Darriulat The W and Z particles: a personal recollection (CERNCourier, 2004) https://cerncourier.com/a/the-w-and-z-particles-a-personal-recollection/

[9] Gary Taubes Carlo Rubbia and the discovery of the W and the Z (Physics World, 2003)

[10] https://www.nytimes.com/1983/06/06/opinion/europe-3-us-not-even-z-zero.html

[11] https://www.nobelprize.org/prizes/physics/1984/summary/

 

 

Carlo Rubbia riceve la laurea honoris causa a camerino